Salvare le ossa – Jesmin Ward
Questa non è una lettura, è un corpo a corpo con una storia che comincia esattamente dieci giorni prima dell’uragano Katrina, tempesta di forza 5 che nel 2005 ha devastato New Orleans e gli Stati meridionali degli Stati Uniti, lasciando sul campo oltre 1.800 morti.
Siamo a Bois Sauvage, Mississippi, un “cuore nero” nel bayou, dove non esistono chiare e fresche e dolci acque ma solo paludi, baie coi fondali taglienti di gusci di ostriche, fiumi oscuri e melmosi. La famiglia Batiste vive lì, in una casa fatiscente circondata da rottami, miseria e natura selvaggia. Quattro giovani fratelli e un padre alcolizzato, poveri di una povertà sospesa nel tempo, che sembra quasi bandirli dalla contemporaneità, fotografati in un quotidiano far niente che sta scadendo verso la catastrofe, con i giorni contati come granelli in una clessidra.
Scrive Monica Pareschi, scrittrice e traduttrice del volume, che “Salvare le ossa” si distacca completamente dal minimalismo linguistico e dall’estetica scarna a cui ci ha abituati il romanzo americano. Ed è vero: bisogna essere pronti a essere travolti da un linguaggio che scolpisce a vivo la storia, in cui si arriva a percepire l’aria ferma e il sudore in una giornata torrida, i piedi nudi nell’argilla rossa, l’odore umido di selvatico e il ronzio sommesso della vita boschiva.
Ma bisogna soprattutto essere pronti ad ascoltare i quattro numi femminili di questo memorabile romanzo che declina la tenerezza e la ferocia della vita, anzi del "dare la vita": la mamma, il cui ricordo nei ragazzi Batiste rimane come “un arto fantasma”; l’energia interiore della giovane Esch, adolescente protagonista e voce narrante; la forza brutale e la cieca devozione di China, il pitbull di famiglia; infine, la madre distruttrice, l’acqua che non culla ma devasta e poi trasforma, Katrina.
(B.Ve)