Quel che il giorno deve alla notte – Yasmina Khadra

Il romanzo di formazione è morto, evviva il romanzo di formazione. Siamo nell’Algeria del 1930 e Younes è un bambino di nove anni, cresciuto nei ritmi della vita rurale e durissima del contadino. Suo padre – meravigliosa la prima immagine che abbiamo di lui: guardava accovacciato il vento avvolgere le agili spighe, piombarvi sopra, frugarle febbrilmente- sembra scolpito nella roccia, tutto dedito al lavoro e consacrato all’onore. Una distanza siderale li separa dall’altro pezzo di famiglia, quello che vive in città, a Orano, splendida e cosmopolita, dove lo zio di Younes fa il farmacista, è un intellettuale musulmano che ha sposato una cristiana e tesse un’idea di Algeria libera dal colonialismo francese. Le loro strade si incroceranno: Younes diventerà Jonas, strappato (forse salvato?) dalle circostanze alla sua vecchia esistenza povera e alla famiglia d’origine. 

E chi è dunque, il giovane bellissimo che diventa uomo tra i rigogliosi vigneti dell’entroterra (a Rio Salado, che oggi si chiama El Malah) e le torride spiagge del Mediterraneo? I suoi amici inseparabili sono europei, i servi sono algerini, la Seconda Guerra Mondiale arriva in sordina (a parte il devastante bombardamento del porto di Orano da parte degli inglesi) e sposta solo di un paio di decenni lo spaventoso incendio della guerra d’indipendenza, un momento in cui quel giovane cresciuto a cavallo di due culture – mai stato servo, mai completamente integrato - non sa come porsi, si trova in completo scacco esistenziale. 

Perché leggerlo. La doppia anima franco-algerina è qualcosa che la storia ha cercato di rinnegare, eppure l’autore ce la mette sotto gli occhi, nelle parole dolenti di chi fu costretto all’esilio, pur essendo in Algeria da generazioni: perché ci hanno fatto credere di essere stranieri sulla terra che ha visto nascere i nostri padri, in un paese che avevamo costruito con le nostre mani e bagnato col nostro sudore e il nostro sangue?In una scrittura che palpita, stupenda, densa di immagini, in cui sembra di sentire il calore del sole e il sapore della polvere, Yasmina Khadra fa un ritratto straordinario della storia algerina, dei suoi strappi inguaribili e della sua straordinaria bellezza.

(B.Ve.)

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